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Terre Thaemlitz
 
- di Daniela Cascella


In Blow-up (Italia), Novembre 2001, n.42.

 

Le note avvolgenti di vecchi samples lounge sono improvvisamente graffiate da strappi elettronici. Frammenti di pianoforte, chitarra ed archi che sembrano prendere il volo si interrompono bruscamente per lasciare spazio soltanto al rumore della puntina del giradischi. Brandelli di arrangiamenti jazzati coprono seducenti sussurri, ombre di parole interrotte al momento del respiro poi sommerse da un crescendo di rumore. E ancora, in un cambio di scena repentino, voci che parlano di violenti interventi di chirurgia plastica su bambini intersex, campionamenti di programmi radio e di film porno interrotti da laconici silenzi. Il tutto si chiude con un lungo inserto di chitarra che ripete lo stesso arpeggio per dodici minuti. "Ogni tanto emerge una melodia, rassicurante, che suggerisce un appiglio familiare per l'ascolto e che allo stesso tempo viene erosa da quello che cerco di costruire." Ci troviamo di fronte a Terre Thaemlitz, "Uomo, Queer, Etero, Gay, Bianco, Americano, Meridionale, Nerd, Yankee, Frocio, Marito, Divorziato, Drag Queen, Analfabeta, Artista, Performer, Businessman, Recluso, Esibizionista, Amante", uno dei personaggi più accattivanti della scena elettronica da oltre un decennio, prima come dj a New York, poi come musicista responsabile di una serie di album ai quali si affiancano un'intensa attività di scrittura ed una ricerca costante e rigorosa sul mercato musicale, sull'identità, sulle tecnologie. Il titolo dell'album appena descritto, uscito lo scorso anno, è "Interstices": esplorazione degli interstizi di un suono e di un'identità sempre mutevoli, degli spazi vuoti tra categoria e categoria, nel tentativo di afferrare i processi culturali nel loro farsi, di affermare l'impossibilità di definirsi al di fuori dei contesti ed i pericoli legati al formalismo sonoro e sociale.

Ricorre spesso nei progetti di Thaemlitz l'espressione "anti-essenzialismo", su cui vale la pena soffermarsi perché punto cruciale di ogni suo lavoro. Secondo Thaemlitz non si può definire la materia musicale, sociale e sessuale per mezzo di categorie prestabilite: suono, identità e ogni altra manifestazione esistenziale sono da intendersi nei loro processi di trasformazione. "Il fine convenzionale dell'espressione mediatica, ha dichiarato, è di presentare ‘significati veri'. Per me il risultato finale non riguarda un contenuto particolare ma dei contenuti complessi che non si sincronizzano né si risolvono… Ha a che fare con il riconoscersi nel proprio stato di incompletezza." Un atteggiamento critico ben lontano dal rassicurante rifugiarsi sotto la campana di vetro della specificità di un medium, tipico di gran parte di quanto viene prodotto oggi in ambito elettronico. Un atteggiamento che consente a Thaemlitz di cercarsi in una materia sonora fluttuante: ogni brano è sottoposto a incessanti mutazioni e presentato in una atrocity exhibition in cui ci appare nel suo fascino straniante ed elusivo. In "Interstices" gli elementi jazz, funk, rock e country vengono sottoposti a un processo di cancellazione che riguarda prevalentemente le voci, lasciando emergere nuove modulazioni. Già in uno dei primi album, "Soil" (1995), erano emersi i primi segnali di dissenso, crepe e cesure che minavano ogni accondiscendenza verso il disimpegno tipico dell'Ambient più codificata. Le voci soffuse che si trasformano in ululati nel vuoto in Yer Ass Is Grass, il basso (degno dei Pan Sonic più scuri) che cresce in una sospensione estatica e l'inizio modulato su micro-blips di Aging Core, Aging Periphery, concorrono alla creazione di un'Ambient "disturbata" che rifiuta le convenzioni legate al genere.

Il discorso di Thaemlitz sul non-essenzialismo in musica è connesso strettamente a quello sul "gender", termine usato solitamente negli studi attorno all'identità in opposizione a "sex": dove quest'ultimo implica la rigida dicotomia maschile/femminile, parlare di gender vuol dire parlare d'identità come costruzione sociale attraverso cui la sessualità si manifesta, non una condizione biologica predeterminata ma una condizione sfumata, "only shades of grey", come recita una voce in "Interstices". Su queste premesse nascono i discorsi attorno al "transgender", alla "pansexuality" ed alla "queerness", topoi dell'arte sin dagli inizi del secolo scorso a partire da Duchamp e oggetto di studi sociologici e critici anche in ambito accademico ormai da decenni. Ogni album di Thaemlitz è accompagnato da dettagliate riflessioni sui temi appena accennati, in un linguaggio che passa dai toni aspri del pamphlet a sferzate di humour pungente, da analisi di stampo marxista a inflessioni ciniche e dissacranti a momenti d'introspezione e debolezza. Al di là dell'interesse personale di Thaemlitz per la scrittura, la sua è un'energica presa di posizione contro la nozione diffusa del Musicista che non parla e non articola idee. Non è poco in un contesto in cui troppi rifugiano il proprio grigiore dietro una dubbia astinenza dal pronunciarsi e dietro presunti intellettualismi legati al mezzo espressivo impiegato. Abbiamo chiesto a Thaemlitz di commentare l'affermazione degli Ultra-red: "La scrittura è il contesto materiale della comprensibilità della musica: non è qualcosa che le manca ma è ciò che la retorica della trascendenza della musica ci nega": "E' una grande citazione. E' il motivo fondamentale per cui includo testi nei miei album… Quando lavoravo con Instinct Records, mi dissero chiaramente di non voler pubblicare testi politici che avrebbero allontanato la loro audience di spiritualisti Ambient storditi. Quando il mio contratto scadde, decisi di includere sempre testi scritti nei miei lavori, non per imporre il modo in cui la gente avrebbe dovuto ascoltarli ma per presentare un'alternativa al mercato… Credo sia importante non solo sottolineare la relazione storica della musica elettronica con la Musique Concrète e con la politica di sinistra ma anche espandere questi discorsi. Renderli visibili e diffusi, non nascosti dai meccanismi di mercato che vogliono negare alla musica qualsiasi contesto al di fuori dell'adorazione degli idoli. Non veniamo dal nulla. Non siamo originali. Siamo influenzati dal presente e dal passato."

Sarebbe un errore pensare che la complessità speculativa dei progetti di Thaemlitz vada a discapito del suono: prima di "Interstices", "Means from an End" (1998) è un altro riuscitissimo esempio di equilibrio tra densità teorica e sonora, album sorprendente nella varietà di soluzioni presentate, da reminiscenze dell'Industrial storico a collage degni del Richard Youngs più concitato, da dilatazioni astratte a fitte nebulose digitali. La prima sezione dell'album, Inelegant Implementations, prende forma da una serie di distorsioni e modifiche di diversi standard jazz. Sono squarci, esasperazioni, echi, con una vena melodica che di tanto in tanto riemerge e diventa tentazione auditiva. Sbalzi di volume che emergono a ondate, suoni prima assorbiti, poi esplosi contro gentili arpeggi di pianoforte. In Resistance To Change il canto è ridotto a sillabe, a vocali, a inizi di parole continuamente evocate e negate. Still Life With Numerical Analysis è una traccia introspettiva dall'inizio maestoso, che si sviluppa in un insieme di singulti sintetici, musica country, idilli di pianoforte e organo. Gemme sonore di un'eleganza composta si trovano in Means from an End, tra giochi di frequenze altissime su sottofondi distesi e bassi immensi. Una bellezza ambigua, delineata da implosioni, singhiozzi, vecchie melodie in una griglia di suoni granulari. L'intera sezione riesce ad incantare proprio per l'intensità sensuale delle soluzioni sonore, davvero irresistibili a livello di puro ascolto; d'altra parte Thaemlitz spiega che l'ascolto ripetuto di questa parte dell'album crea un effetto di nausea: dunque un intreccio di seduzione, pericolo e irritazione in un perpetuo passaggio da simulazione a dissimulazione, tra il cedere al piacere in voluttuose costruzioni sonore e il negarlo in austeri passaggi astratti. "Credo che l'idea di seduzione, anzi di desiderio, sia importante da trattare e io cerco sempre di farlo. Il desiderio indica delle direzioni ma allo stesso tempo annebbia la vista e funziona come un paraocchi. Desideriamo un'identità, una chiarezza relativa alla nostra collocazione, al nostro ruolo in un contesto. Però quando cambiamo contesto, cambiamo identità… Non siamo coerenti. Siamo sedotti dal desiderio di essere approvati, di provocare o di sconvolgere… Le parole ‘desiderio' e ‘seduzione' sono fortemente connotate sessualmente e io mi relaziono alla musica in termini sessuali. Può accadere in modo semplice, quando penso che un suono sia ‘hot', oppure in modo più complesso, come quando esamino nei miei album la relazione tra la comunità gay e la musica Disco e House." "G.R.R.L." (1997) e "Fagjazz" (2000), entrambi pubblicati da Thaemlitz sulla propria etichetta Comatonse Recordings, sono gli album più legati alla club culture, che hanno a che fare con i sistemi di rappresentazione legati alla stessa e che si dispiegano in una miriade di riferimenti. Del resto la Comatonse era nata nel 1992 proprio come rifiuto della "natura passiva e oppressiva della musica Ambient, rilassante per convenzione ma anche potenzialmente violenta nella sua inversione della melodia e del noise" e affermazione dell'ascolto come processo sociale attivo, che non riguarda trascendenza, significati universali o interpretazioni complete ma piuttosto la musica come discussione e sfida all'ascolto.

Una sfida all'ascolto ed ai parametri di "correctness" in ambito elettronico è rappresentata dai lavori accomunati sotto la sigla "Rubato": una serie di album di cover dedicati a gruppi o cantanti che sono stati significativi per Thaemlitz nella scoperta di sé e nell'elaborazione delle proprie teorie. Ad oggi la serie comprende tre lavori su Kraftwerk, Gary Numan e Devo. Se la bizzarria del progetto non vi sembrasse sufficiente, sappiate che tutte le cover sono realizzate con suoni campionati di pianoforte, metafora della combinazione tra un sound digitale "maschile" e uno strumento romantico "femminile". "La serie ‘Rubato' è un vizio che mi sono concesso per investigare (e romanzare) i motivi per cui certa musica è stata importante per me soggettivamente e culturalmente… E' anche un tentativo di parlare di problemi legati all'identità e al fanatismo musicale, che giocano diversi ruoli nella creazione e nella ricezione della musica digitale." Per chiunque abbia interesse e pazienza, l'invito è quello di addentrarsi nei testi che accompagnano questi album, riflessioni puntuali sulle dinamiche con cui certi suoni e certi paesaggi delineati dagli ascolti dell'adolescenza plasmano il nostro immaginario e le nostre identità. Il primo lavoro della serie, "Die Roboter Rubato" (1997), prende spunto da una precisa analisi dei testi dei Kraftwerk per parlare dell'incapacità di identificare un sé "vero". L'ipotesi finale è quella di ottenere un suono fatto di associazioni multiple e irrisolvibili, una Femme Machine di suoni mutanti. "Replicas Rubato" (1999) è una riflessione su Gary Numan e sui problemi legati alla dissimulazione di aspetti di sé non accettati comunemente: l'identità come ricerca che implica anche processi di negazione. L'ultimo album della serie, uscito di recente, s'intitola "Oh no! It's Rubato" ed è dedicato ai Devo. Ci ha detto Thaemlitz: "Sono sempre stato attratto dall'uso che i Devo facevano dell'humour e del sarcasmo, che credo abbia influenzato parecchi miei progetti… I Devo erano una risposta ai limpidi ideali avveniristici portati avanti da molta musica elettronica e Techno-Pop europea. Se Kraftwerk, Numan e YMO simboleggiavano le mie fantasticherie nel partecipare a una cultura elettronica globale, i Devo rappresentavano l'accettazione della mia realtà quotidiana, rurale e rimossa da qualsiasi globalismo."

"Oh no! It's Rubato!" è punto di partenza per un discorso approfondito sulle tecnologie e sul mercato della musica elettronica. Scrive Thaemlitz a questo proposito: "Alla luce delle mie attività passate di manager di un negozio di computer e web designer, non posso evitare di notare diversi paralleli inquietanti tra la crescita della musica elettronica e quella di internet…Come l'industria legata a internet è passata dall'‘home business alternativo' al cliente miliardario, così la maggior parte delle etichette di musica elettronica sono sempre più coinvolte in processi che mirano all'industria, ai distributori, alla stampa… Il pubblico è stato abituato ad ignorare le espressioni annoiate delle orchestre di laptop, che ci imprigionano nei muri idioti e formalisti di un suono grigio e noioso. Un suono così monolitico ed omogeneo che secondo me non suggerisce altra politica se non il totalitarismo… Mentre la tecnologia ha facilitato un flusso enorme d'informazione audio, sembra che siamo ancora incapaci di trasformare alle radici i motivi culturali che circondano la produzione, la performance e la fruizione musicale… In quanto produttori di musica conserviamo il nostro fascino di Artisti, padroni di vaghezze sonore che toccano le stesse corde di ‘universalità' degli oroscopi nei quotidiani. In quanto mezzo di comunicazione, gran parte della musica suggerisce poco più del lessico casuale di un vecchio pappagallo il cui istruttore è scomparso generazioni fa."

Partendo da tali affermazioni abbiamo chiesto a Thaemlitz un commento sull'omologazione del suono e sulla saturazione del mercato: "Nei miei progetti cerco sempre di porre domande sull'efficacia del mio lavoro e sui temi da me affrontati, che non possono essere del tutto svuotati da desideri individualisti poiché si relazionano ai miei ruoli di ‘musicista', ‘proprietario di etichetta musicale', ‘consumatore' e ‘ascoltatore'. E' importante capire che nessuno può trascendere situazioni del genere. Ognuno di noi è costantemente implicato nella merda che produce e critica… Sfortunatamente molti musicisti e Artisti con la A maiuscola sono costretti a tenere la bocca chiusa e a lasciare che siano altri a parlare. Questo conviene perché la maggior parte di loro non ha niente da dire. In fin dei conti, è il contenuto che fa sì che un certo tipo di musica rimanga impressa nell'ascoltatore (anche se il contenuto è il ronzio silenzioso della macchina del mercato)… E' vero che la saturazione eccessiva della produzione di musica digitale suscita in me la reazione violenta di maledirla tutta… Alla fine, però, non prestiamo attenzione a gran parte di quanto viene prodotto più di quanto facciamo verso i figli dei vicini che provano con il loro gruppo nel garage. E' un problema: ci affidiamo ancora alle etichette, ai distributori e alla stampa perché diano alla musica abbastanza peso; poi ascoltiamo la musica che ci indicano e ci accorgiamo che fa schifo!"

Parliamo poi di come la tecnologia si sviluppi attraverso relazioni socio-economiche complesse, che sono tutto fuorché liberatorie. I mondi virtuali sono gli spazi più controllati e illusori (quindi politicizzati) in assoluto. Torniamo a discutere della sottile illusione di democrazia connessa ad internet: come la messa in atto della propria identità è normalmente connessa a rituali di omologazione, così la finzione di un'immagine ‘globale' sostenuta anche da internet è connessa a schemi fissi. È la stessa illusione che porta molti ad Madonna come personaggio in grado di "reinventarsi", quando a noi appare proprio come l'incarnazione dei processi di reificazione e di uso decontestualizzato di immagini e stereotipi… "La tecnologia legata ad internet non sta al passo con gli entusiasmi che ha causato… A parte il fatto che si viene bombardati di pubblicità, qui abbiamo a che fare con finzioni e fantasticherie travestite da realtà. La gente vuole proprio questo: reinventarsi. Ecco perché molti studiosi di problemi legati all'identità hanno pensato che internet fosse così favoloso: danno per scontato che la gente manipoli e moltiplichi la propria identità in modo cosciente… Io non sono d'accordo. Al contrario, credo che internet sia semplicemente un modo per le persone di rigurgitare e interiorizzare ulteriormente i loro rapporti reificati ed astratti con la vita e i rituali quotidiani.

Per spiegare meglio l'uso d'identità decontestualizzate, pensiamo alle parole ‘globale', ‘universale', ‘unità' o ‘umano'… E' facile confondere la compassione verso altre esperienze con un vero impegno nei riguardi delle stesse. Le buone intenzioni che stanno dietro nonsense liberali come ‘dobbiamo tutti prenderci cura della Terra' sono superficiali se non si riesce ad accettare l'impossibilità di fondo di un accordo globale sul modo in cui ‘prendersi cura' della Terra o di qualsiasi altra cosa o persona… Ciò implica che chi parla non ha torti ed è in pieno controllo del proprio contesto, quando invece le nazioni che ospitano i benpensanti più ‘onesti' sono quelle che recano le peggiori offese ai diritti umani mondiali… Dobbiamo lasciar stare l'idea che il mondo intero abbia bisogno di essere d'accordo su qualcosa prima di metterla in atto… La diversità riguarda la collaborazione con persone con cui si può anche non essere d'accordo.

Ma cosa significa accordo in questi giorni? Ho sentito Bush dire che una risposta militare ad ampio raggio contro ‘i terroristi e i paesi che li proteggono' ha ricevuto ‘approvazione universale.' Scommetto che a molti un'affermazione del genere non sia parsa neanche strana ma la retorica è pericolosa quando si parla di un desiderio di vendetta condiviso… Sia gli attacchi dei terroristi sia la risposta patriottica di Bush, che ha avvolto il pianeta nella bandiera americana, sono chiari esempi di quella che tu chiami ‘appropriazione ingiustificata di simboli'."

"Love For Sale. Taking Stock In Our Pride" (1998) è un album che mette a fuoco le problematiche legate al mercato musicale e che può essere posto accanto a "Means from an End" e "Interstices" per l'accostamento di un suono accattivante e di una lucida presa di posizione politica evitando che i due aspetti si strumentalizzino a vicenda. "Una metafora sonora per la mia proposta di ‘Queer sound': un suono irrisolvibile che dichiara la sua presenza e allo stesso tempo si sviscera a fondo." Il progetto studia e denuncia l'uso dell'immaginario gay come strategia di mercato: l'album si apre con stralci di una trasmissione radio che commenta una Gay Pride Parade, in cui imperversano gli sponsor e la pubblicità a livello subliminale. Anche l'immaginario del mainstream gay è creato per definire una "normalità" ed è sottoposto a spietati processi di omogeneizzazione. Thaemlitz denuncia la diffusione di un'immagine del mondo gay come sfera addirittura privilegiata, immagine che mette a tacere numerosi problemi legati alla carenza di leggi opportune, diritti civili, sanitari ed economici. Condizionata da scelte legate alla volontà di legittimazione all'interno della cultura dominante, la comunità gay si trova a dover sottostare a spietate norme repressive. Le porte apparentemente aperte sottoforma di privilegi commerciali nascondono la parallela chiusura degli spazi di incontro e realizzazione della propria identità: un esempio tra tutti, la scomparsa a New York dei numerosi club trans nell'area attorno a Times Square e 42nd Street, successiva all'acquisto da parte della Disney, a metà degli anni Novanta, di un lotto nella zona. La traccia Sloppy 42nds – post-Processed è un omaggio a quella realtà (in cui Thaemlitz mosse i primi passi sotto il nome di DJ Sprinkles) e una denuncia del vuoto lasciato dalla sua scomparsa, tra distese aperte e ronzii su fondali deserti. L'intero album è un sovrapporsi di momenti introspettivi, squarci caustici e violenti, allusioni ora sfacciate ora ironiche a luoghi comuni dell'immaginario gay: Handsome – Ballad For George Michael è costruita con suoni digitali deformati in stile Oval prima maniera ed ambigui campionamenti di voci; in Commodité Sexuelle una linea melodica si intreccia ad un crescendo di tastiera per dissolversi in irritanti granuli digitali; The Closet Is Made Of Doors è un susseguirsi di dissolvenze incrociate di distese melodiche. Il tutto a costruzione di una bellezza che ci piace descrivere con le parole di Breton: fatta di scatti. Né dinamica né statica. Convulsa.

DISCOGRAFIA

Indichiamo di seguito soltanto gli album. La discografia completa, che comprende oltre trenta partecipazioni a compilations e numerosi remix, è disponibile su www.comatonse.com

Tranquilizer (CD Instinct Ambient 1994)
Soil (CD Instinct Ambient 1995)
Web (con Bill Laswell) (CD Subharmonic Records 1995)
Couture Cosmetique (CD Capirinha Productions 1997)
Die Roboter Rubato (CD Mille Plateaux 1997)
G.R.R.L. (CD Comatonse Recordings 1997)
Institutional Collaborative (con Jane Dowe) (CD Mille Plateaux 1998)
Means from an End (CD Mille Plateaux 1998)
Love for Sale (CD Mille Plateaux 1999)
Replicas Rubato (CD Mille Plateaux 1999)
Fagjazz (CD Comatonse Recordings 2000)
Interstices (CD Mille Plateaux 2000)
Oh no! It's Rubato (CD Mille Plateaux 2001)